L’INPS ha reso disponibile una nuova guida informativa relativa alla certificazione della malattia all’estero.
Nell’eventualità di un evento morboso occorsi durante un soggiorno temporaneo all’estero, il lavoratore conserva il diritto all’indennità economica di malattia solo in presenza di certificazione conforme alla legislazioni italiana e alla normativa del paese estero.
Le casistiche analizzate sono tre:
- 1. Evento di malattia insorto in Paese estero facente parte dell’Unione Europea;
- 2. Evento di malattia insorto in Paese estero che abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l’Italia;
- 3. Evento di malattia insorto in Paese estero che non abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l’Italia.
Attenzione specifica viene riservata alla “legalizzazione“ del certificato medico, doverosa in particolare nelle eventualità riconducibili ad una malattia contratta in un Paese extra UE, privo di accordi o convenzioni con l’Italia.
Il lemma “legalizzazione“ inerisce l’attestazione, da fornire anche a mezzo timbro, che il documento ha vlidità ai fini certificativi secondo le disposizioni del Paese in cui è stato redatto il certificato di malattia.
Pertanto la semplice attestazione dell’autenticità della firma del traduttore abilitato o della conformità della traduzione all’originale non vale quanto la legalizzazione e non è quindi bastevole ad assegnare, in Italia, valore giuridico all’atto.
Secondo quanto stabilito dal messaggio n. 4271 del 16 novembre 2018, l’INPS ha descritto le linee guida per l’autorizzazione del lavoratore a recarsi in un paese UE durante il periodo di malattia.