La Circolare n.4 del 7 marzo 2019, predisposta dall’Albo Gestori Ambientali interviene riguardo la valutazione del requisito morale del soggetto ai fini dell’iscrizione all’Albo.
I chiarimenti si sono resi necessari riguardo le perplessità inerenti l’art. 10 comma 2 lett. d) del DM 120/2014 nel quale, alle imprese ed enti iscritti, si richiede che “non abbiano riportato condanna passata in giudicato, anche ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale e anche qualora sia intervenuta l’estinzione di ogni effetto penale della stessa o sia stato concesso il condono della pena” (in specifiche ipotesi dettagliate).
Le Sezioni regionali hanno avanzato quesiti cui il Comitato risponde: il primo riguarda i casi di unificazione delle pene nel reato continuato (superando così il limite di un anno per la perdita del requisito morale).
Il secondo inerisce l’esito positivo della “messa alla prova” ai fini della permanenza del requisito morale.
Perplessità quindi che, in sede di esecuzione, le plurime condanne vengono sottoposte, ad istanza del condannato o del pubblico ministero, alla disciplina del reato continuato ex art. 71 c.p.p. e dell’art. 81 comma 2 c.p.. In questa eventualità le pene, unificate dal vincolo della continuazione, possono superare il limite di un anno stabilito per la perdita del requisito morale ai fini dell’iscrizione all’Albo.
L’altra perplessità interroga su come debba essere considerato l’esito positivo della “messa alla prova” ex art. 168 bis e 168 ter. c.p , ai fini della permanenza del requisito morale.
Ebbene, a detta del Comitato Gestori, la previsione del reato continuato determina conseguenze favorevoli al reo in termini di durata complessiva della pena, quindi, nel caso in cui l’interessato abbia richiesto tale agevolazione o non si sia opposto alla richiesta del pubblico ministero, sussiste una adeguata considerazione delle conseguenze sfavorevoli e la pena deve essere valutata unitariamente anche ai fini della eventuale perdita del requisito morale.
Il Comitato Nazionale riguardo la seconda perplessità, afferma che, non riscontrando nella fattispecie alcuna sentenza di condanna, l’esito positivo della “messa alla prova”, non può influenzare il requisito morale.