La Suprema Corte, mediante la Sentenza del 21 maggio 2019, la n. 13645, è intervenuta in merito al calcolo del danno differenziale e lo ha fatto stabilendo che i danni da infortunio sul lavoro complessivamente calcolati ai fini dell’indennizzo non sono risarciti qualora superino l’indennità che, a qualsiasi titolo ed indistintamente, è liquidata dall’ INAIL all’ infortunato (art. 10, D.P.R. n. 1124/1965 come modificato dall’art. 1, co. 1126, L. n. 145/2018).
Pertanto il principio per il calcolo del danno differenziale risulta essere per voci complessive, con la detrazione dell’ammontare liquidato al lavoratore a qualsiasi titolo nell’ ambito della tutela a lui riservata.
Qualora l’infortunio sia occorso precedentemente il 1° gennaio 2019, data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2019, è da applicare la previa norma: il danno differenziale, essendo costituito “dal surplus di risarcimento dei medesimi pregiudizi oggetto di tutela indennitaria INAIL e in presenza dei presupposti di esclusione dell’esonero del datore di lavoro”, è fissato in base ad un conto per voci omogenee, ovvero che dalle singole componenti di danno civilistico (patrimoniale e biologico), si detraggano distintamente le indennità erogate dall’ INAIL per ciascun pregiudizio.
Nel caso in oggetto del pronunciamento un lavoratore, infortunato dal 2010, ricorre in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello, che aveva previsto la detrazione di voci estranee al danno biologico applicando il criterio di calcolo per sommatoria disciplinato dalla Legge di Bilancio 2019.
In tale occasione la Corte ha accolto il ricorso del lavoratore chiarendo che le disposizioni della Legge di Bilancio 2019 sono inapplicabili per gli infortuni precedenti al 1° gennaio 2019: necessario pertanto il criterio di calcolo per voci distinte.